di Paolo Cenciarelli
La questione ambientale, legata
indissolubilmente all’azione di tutela del territorio, è di certo un tema di
rilevanza globale, oltreché di interesse ed impegno sovrannazionale, poiché le
cause ed i fenomeni del grave dissesto ambientale ( che si è intensificato
gravemente negli ultimi 20 anni), hanno subito un fortissimo incremento proprio
a seguito della globalizzazione e della relativa diffusione dell’impostazione
“ultra-liberista” nell’utilizzo delle risorse naturali mondiali; a tal
riguardo, è ovvio che una gestione del problema che voglia essere minimamente
efficace necessita della sinergia e della collaborazione internazionali.
Pertanto è ormai chiaro che il
campo da gioco appropriato per affrontare la questione ambientale globale ( nel
merito e nella sostanza, con le maggiori garanzie di efficacia e di successo) è
lo scenario internazionale ed i suoi vari soggetti competenti; a fronte di
ciò, l’onere che spetta invece alle
comunità locali è un impegno non meno difficile e complesso.
Difatti, a livello locale non è
possibile intervenire sulle cause strutturali del dissesto ambientale o anche
far fronte da soli alle pesantissime e costosissime conseguenze dei più gravi
fenomeni di dissesto ambientale ( grandi eventi climatici estremi e imprevisti,
avvelenamento di superficie o sotterraneo di estese zone di territorio, con
progressiva degradazione del loro equilibrio biologico, etc..); le stesse
realtà locali sono però i concreti destinatari degli interventi e delle azioni
di tutela ambientale o di bonifica delle zone inquinate.
A tal riguardo, le
amministrazioni locali ( Regioni, Comuni, etc..) si troverebbero in un
paradossale cul de sac, perché, sebbene siano concretamente il diretto
bersaglio degli effetti nocivi del dissesto ambientale e rappresentino la prima
linea di resistenza al fenomeno e di recupero delle zone colpite, non hanno
poteri e competenze tali da poter intervenire efficacemente ( ovvero a livello
sovrannazionale) sulle cause della
questione ambientale e dipendono quasi totalmente dai superiori livelli
istituzionali nel reperimento delle risorse economiche necessarie o nella
definizione finale delle azioni da effettuare, delle zone di intervento e dei
tempi di attuazione dei lavori.
Tale stato di cose renderebbe gli
enti Locali dei “protagonisti incompiuti” della questione ambientale e quindi a
rischio inadeguatezza: soggetti principali, a volte unici, nell’affrontare la
costante criticità del dissesto ambientale e nella quotidiana constatazione dei
relativi danni ( materiali, sanitari e
sociali), ma al tempo stesso elementi del tutto secondari e subordinati al
Governo centrale per quanto concerne la definizione della strategia di
risanamento, in special modo per quanto riguarda il reperimento delle risorse
sufficienti per operare gli interventi urgenti e la programmazione ( ed il
rispetto) della tempistica dei relativi lavori di rispristino o di messa in
sicurezza del territorio.
Allora, a fronte di quanto sopra
descritto, in quale ambito gli enti locali possono assurgere ad un proprio
ruolo più proattivo, più autonomo e, in definitiva, più efficace nella sfida al
dissesto ambientale? Di certo, un buon punto da cui cominciare è quello della
prevenzione, ovvero di assumere il principio di tutela ambientale come
precondizione per quanto riguarda tutta l’azione ordinaria delle
amministrazioni locali, così da eliminare gradualmente almeno tutte le
condizioni di rischio originate direttamente dall’azione dell’uomo : dalle competenze
urbanistiche di concessione e autorizzazione, a quelle in ambito dei trasporti
e della gestione dei rifiuti, alla gestione del verde pubblico e di tutto
quanto faccia parte del patrimonio morale e materiale ( e che rientri nella
pertinenza dei livelli locali di governo e amministrazione).
Prendiamo per esempio il caso di
slavine e frane improvvise causate dall’anomalo riscaldamento ad alte
latitudini o di imponenti ed estese “bombe d’acqua”, fenomeni che continuano a
produrre innumerevoli danni materiali e a causare vittime civili; questi fenomeni hanno avuto
un impatto così drammatico anche in forza, rispettivamente, dell’azione di
disboscamento selvaggio, ad opera dell’uomo, di ampie zone montuose oppure a
causa di dissennati piani di urbanizzazione che hanno reso alcune agglomerati
urbani vere e proprie trappole mortali.
Oltre alla “prevenzione
ambientale” perseguita come conditio sine
qua non in tutti gli ambiti dell’ordinaria amministrazione, assumendo
appunto lo scrupolo vincolante della tutela del territorio, per gli enti locali
la sfida alla questione ambientale si gioca anche nell’attuazione, come ente
amministrativo, di sempre più buone prassi ecosostenibili e la conseguente loro
diffusione, anche solo per emulazione, da parte di altre amministrazioni.
Dalla percezione chiara ed
evidente, da parte della cittadinanza, di una esemplare e corretta gestione
amministrativa dei loro Enti Locali, ancor più sana e meritoria se condotta nel
rispetto dell’ambiente, può risorgere anche la speranza di raggiungere un
obiettivo che i più pessimisti, o i più ipocriti, non credono possa essere
realizzabile: ovvero l’impegno, convinto e continuo, a seguire modelli di vita
e di lavoro ecosostenibili anche da parte del singolo cittadino, sostenuto e
rincuorato dal buon esempio della sua amministrazione locale nel suo sforzo di
fare la propria piccola parte per il bene del proprio territorio.
In assenza di un forte e sano
esempio fornito dalla propria amministrazione di prossimità o anzi in presenza
di evidente gestione amministrativa priva di scrupoli di tutela ambientale, il
cittadino comune che persevera in comportamenti e consumi irrispettosi
dell’ambiente e del territorio (questa è il presupposto dei pessimisti, o
peggio degli ipocriti di cui sopra) non sentirebbe alcun motivo di mutare
atteggiamento o anzi avrebbe un alibi in più per mantenere tali comportamenti.